L’ALLENAMENTO DELLA FORZA NEGLI SPORT DI ENDURANCE
Quando si parla di Sport di Endurance, alcuni atleti e preparatori fisici hanno ancora delle convinzioni errate riguardo l’utilizzo dell’allenamento della forza. Se prendiamo ad esempio in considerazione lo sci di fondo, le distanze più lunghe del nuoto e dell’atletica, la forza della fase propulsiva è l’elemento essenziale per migliorarne la prestazione, in quanto un aumento della velocità media è possibile solamente come risultato di un aumento della forza applicata contro una resistenza. Questo non vuol dire che la prevalenza dell’allenamento dovrà spostarsi sull’allenamento della forza, ma che sarà utile sviluppare essa in determinati periodi per far sì che i suoi guadagni possano essere convertiti a seconda dell’esigenze sport specifiche in questione.
Un altro errore comune che si tende a commettere ancora oggi sta nell’utilizzo della corsa in salita, usata per incrementare la forza negli arti inferiori. E’ stato dimostrato secondo vari studi, che la corsa in salita non è una metodologia di allenamento volta all’incremento della forza intesa come tale, bensì a un miglioramento della potenza e cioè della capacità di accelerazione. Essa, infatti, risulta molto utile in quelle discipline dove l’accelerazione risulta fondamentale, come nelle distanze più corte dell’atletica leggera. Se pensiamo a una disciplina come la maratona, per avere un possibile miglioramento della fase di accelerazione media, potremmo pensare di proporre al nostro atleta per un particolare periodo della camminata veloce o della corsa leggera in salita, piuttosto che fargli eseguire degli scatti veri e propri, non corrispondenti alla prestazione e ai requisiti sport specifici.
Di fatto, un atleta di resistenza allenato per la forza sarà in primis più economico poiché le forze submassimali sviluppate durante ogni falcata o, nel caso in cui si parlasse di un ciclista, pedalata, diminuirebbero a una percentuale inferiore dei valori massimi e in secondo migliora la potenza muscolare specifica per la resistenza quando è in grado di produrre velocità massime di corsa o di bicicletta più elevate attraverso una migliore capacità di dissipare rapidamente e creare forza contro il suolo o il pedale.
Ma tornando al concetto di specificità sport specifica, un altro problema di molti preparatori atletici risultava essere la scelta degli esercizi da andare ad inserire all’interno della preparazione dell’atleta a seconda della disciplina da esso praticata. A tal proposito, Stensdotter et al., hanno dimostrato che possono esserci modelli di attivazione muscolare variabili quando un esercizio per il quadricipite a catena aperta isolato viene confrontato con un esercizio sempre per il medesimo muscolo a catena chiusa e quindi multi-articolare. Queste differenze intra e intermuscolari negli esercizi possono complicare l’apprendimento e gli effetti neurali nel trasferimento del processo di formazione. Esercizi di forza multi-articolari tradizionali, sia che si tratti di forza massima (cioè squat, stacchi da terra ed equivalenti a una gamba sola), forza esplosiva (cioè squat jump, variazioni di sollevamento olimpico) o esercizi di forza reattiva (cioè salti in caduta, sprint), si ritiene che siano superiori per suscitare adattamenti neuromuscolari ottimali e aumentare le capacità di forza della muscolatura delle gambe ed avere quindi un trasferimento migliore rispetto ai classici esercizi di isolamento muscolare, tipici del bodybuilding.
In sostanza ciò che non dobbiamo mai dimenticare quando siamo di fronte ad un atleta, specialmente nel caso in cui si tratti di atleti d’elite o che abbiano già un background pluriennale dell’allenamento della forza, è il modello prestativo della sua disciplina e le sue caratteristiche sport specifiche., pena un decremento della performance e ancor più importante, un maggior rischio d’infortunio.